A un certo punto delle mie autoesplorazioni masturbatorie, anni fa, mi ero accorta di una parte, all’interno della vagina, che aveva una conformazione anomala: era gonfia e la sua superficie era “rugosa”. Ovviamente da brava ipocondriaca come sono avevo pensato le peggio cose, tipo di avere qualche prolassoo cisti o brutta infezione sessualmente trasmessa.

Chiesi alla ginecologa di allora cosa potesse essere. Mentre mi ispezionava internamente nella visita di rito, mi rispose:

E’ la normale conformazione del canale vaginale. Stia tranquilla.

E basta. Da quel momento io non ci ho pensato più, ma non sono mai rimasta totalmente convinta di quella spiegazione.

Cosa fosse quella parte “anomala” che toccavo lo avrei scoperto solo anni dopo. E non grazie a un medico.

Ma facciamo un passo indietro.

Il Fish and Chips Film Festival a Torino

Ho organizzato la mia “vacanza” per seguire questo Festival di Torino in fretta e furia, in barba alla mia mania da planner, non appena ho scoperto le sue date.

Di cosa tratta il Fish and Chips Festival?

Di pesci e patate, in un certo senso. No, non è un mercato. E’ il Festival Internazionale di Cinema Erotico e nasce per creare una finestra sulla cinematografia di genere e sulla sessualità con un approccio creativo, libero e dissacrante.

Crediamo nell’erotismo come bisogno primario dell’essere umano e vogliamo mostrare un sesso visto da più ottiche differenti, psicologico, fisico, sociale ma in ogni caso liberatorio e non discriminatorio.

Dalla pagina “Chi siamo” del Festival.

Al Festival, oltre al workshop “Eiaculazione per fiche” di Valentine aka Fluida Wolf, ho seguito anche un workshop sul consenso nel BDSM, super interessante, e un “Pranzo Psicoerotico” tenuto dall’educatrice sessuale e pornografa femminista Slavina e la psicoanalista relazionale e fototerapeuta femminista Serena Calò: una esperienza fantastica che mi ha enormemente arricchita.

Durante questo pranzo diciamo molto unconventional, Slavina e Serena ci hanno mostrato decine di foto pornografiche rappresentanti dei threesome (tema scelto da loro non a caso, dato che il trio apre molti dibattiti psicologici e culturali). Alcuni volontari (tra cui io, manco a dirlo) si offrivano poi di scegliere la propria foto più eccitante e commentarla con gli altri convitati e con le moderatrici.

Una sola foto può dire così tanto del tuo subconscio erotico, credimi.

Il mio sogno, dopo il benestare delle ideatrici, sarebbe portare il pranzo Psicoerotico a Milano, per offrire anche ad altri la grande possibilità che ho avuto io di indagare le mie fantasie sessuali. Vediamo se ci riusciamo.

Workshop sullo squirting (in cui non si squirta)

Il Festival era anche occasione per conoscere finalmente dal vivo Valentine (oltre che Le Sex en Rose, mega cuori per lei e ImthePh), che ho avuto l’immenso piacere di intervistare qui sul mio blog.

Che dire di Valentine?

E’ un vulcano, una donna fantastica, brillante, una persona open minded e autentica.

Il suo workshop, che lei ha tradotto da quello di Diana J. Torres aka Pornoterrorista, è strutturato in una parte teorica e un’altra pratica (so già a cosa state pensando… ma ci arriviamo).

La parte teorica è volta a smontare i pregiudizi legati al sesso femminile e a far emergere come alcune parti del corpo femminile siano state per anni omesse dalla medicina tradizionale.

In che senso?

Nel senso che la nostra vagina è un condominio abitato da uomini, in pratica. O “una sauna gay“, come ironizza Valentine.

Ghiandole di Bartolini (che non è il corriere ma un anatomista danese di nome Caspar Bartholin, che le scoprì nel 1677), ghiandole di Skene (dal ginecologo scozzese Alexander Skene che le descrisse a fine Ottocento), punto G (dal ginecologo tedesco Ernst Grafenberg).

Scorrendo le foto di libri di anatomia femminile vediamo che c’è una parte che non è stata citata per anni.

Nel “Libro della Vagina” (Sonzogno) molto carino e utile come compendio generale, delle educatrici sessuali norvegesi Nina Brochmann ed Ellen Støkken Dahl, si parla del famigerato punto G, cito testualmente:

E’ anche possibile che il punto G abbia a che fare con un gruppo di ghiandole situate nella parete anteriore della vagina. Vanno sotto il nome di ghiandole di Skene e sono il corrispondente femminile della propstata, ghiandola che circonda una parete dell’uretra maschile. Queste ghiandole vengono associate all’eiaculazione femminile, detta anche orgasmo a spruzzo [sic] o squirting. Alcuni studi sostengono che il punto G sia essenziale per lo squirting, ma al momento si tratta solo di ipotesi. Quel che è certo è che alcune donne sperimentano l’orgasmo a spruzzo, mentre del punto G non possiamo nemmeno dimostrare l’esistenza.

“Il libro della vagina”, pag. 24.

Un’altra cosa certa è quanti fiumi d’inchiostro sono stati spesi sul punto G e soprattutto le vastissime operazioni di marketing che lo hanno sfruttato (vedasi voce “sex toys per stimolare punto G“).

Un’altra imprecisione è che non sempre lo squirting si accompagna all’orgasmo, questo lo so sia grazie a Valentine che ad alcuni racconti diretti di donne.

Perché i libri hanno per anni omesso l’esistenza della prostata femminile? Beh, per anni non hanno neanche parlato di clitoride e della sua funzione, perché è una funzione non finalizzata alla riproduzione ma al solo piacere sessuale femminile, eppure il clitoride è lì, nella parte esterna della vulva, non è poi così nascosto. Vogliamo che gliene fosse fregato qualcosa ai medici di una fantomatica “prostata femminile” interna alla vagina che, tutt’oggi, non si sa esattamente ancora come funzioni?

La parte pratica del workshop: ti fa imparare a squirtare?

No.

Valentine stessa sottolinea sempre che lo scopo del suo workshop non è “creare un esercito di soldatesse squirtanti”.

Questo workshop ha un valore politico: “la vendetta collettiva per riappropriarsi di una parte femminile negata” (cit. Valentine) attraverso una “scienza dei nostri corpi dal basso” per operare una riprogrammazione, un hackeraggio a livello mentale e riposizionare nella nostra mappa interiore una parte anatomica e una serie di informazioni omesse dalla medicina.

Valentine al workshop sullo squirting

Quello che succede nella parte pratica, per chi resta, è che a un certo punto ci si toglie le mutande, ognuna coi propri tempi e modi. Questo momento io l’ho vissuto con la massima naturalezza e serenità, ma a me riesce facile perché io sono una che non ha vergogna del corpo nudo nè proprio nè altrui. Alcune donne invece vivono il denudarsi con disagio, ad esempio in palestra o dal ginecologo (ho avuto amiche e conoscenti che mi hanno raccontato di sì) e posso comprendere lo sforzo che devono fare. Ma Valentine mette subito a proprio agio e rende tutto… fluido 😉

Già in quel momento, vedere diverse donne, esposte nella loro parte più intima, in cerchio, mi ha messo una grande tenerezza addosso. Eravamo lì, nude e come indifese, le une davanti alle altre. In tutta la nostra umanità. E stavamo facendo qualcosa di grande. A quante capita nella vita?

Eravamo lì perché volevamo farci “scienza dal basso“, come dice Valentine. Agli uomini nell’adolescenza (e non solo) immagino capiti di denudarsi in gruppo per confrontarsi sul proprio pene (chissà se gli uomini hanno ricordi piacevoli di questi momenti?), o almeno, amici mi hanno raccontato di averlo fatto.

Noi donne forse al massimo ci confrontiamo sulla misura del seno, nel periodo in cui comincia a svilupparsi, ma credo che confrontarsi sulla conformazione dei propri genitali, senza intento sessuale ma per pura “curiosità anatomica” del come siamo fatte, sia più raro. A me ad esempio non era mai capitato.

Eppure, se io mi fossi confrontata con qualcun’altra a suo tempo, probabilmente mi sarei resa conto che quella sporgenza spugnosa che mi aveva tanto angosciata, ce l’aveva anche lei, esattamente come me.

Ed è quello che Valentine ti insegna, è il dono che mi sono portata a casa dal suo workshop. Ad un certo punto infatti, armate di guanti sterili e lubrificante, ci si auto-esplora alla ricerca di questa famigerata prostata femminile.

Che si trova qui (vedi foto):

La prostata femminile si trova dove indicato nell’immagine e per toccarla bisogna mettere le dita come mostrato.

Per chi vuole, Valentine aiuta nell’auto-esplorazione. In quel momento ho avuto una epifania e anche un momento di massima coesione femminile con lei e le altre. E’ stato un momento intenso, meraviglioso.

Ho scoperto che avevo la prostata.

Al tatto appare appunto come una parte rigonfia e ruvida, perché la prostata è fatta di un tessuto spugnoso che si riempie di quel liquido che esce durante l’eiaculazione femminile (mix di pipì e altro, ma non è urina e basta, altro mito che ha portato a misconoscere lo squirting e catalogarlo a volte come “incontinenza urinaria” facendo danni anche psicologici alle pazienti).

La prostata femminile è proprio lì, a portata di mano, non immaginare di doverti avventurare chissà dove o in profondità.

E’ sempre stata lì, così vicina, ed io l’ho scoperto solo a 30 anni e non grazie a un medico (ciao ginecologa!) ma grazie a una attivista femminista.

Che non finirò mai di ringraziare.

Questo è il potere di auto-liberazione delle donne, quando fanno rete.

Next step: portare anche questo workshop a Milano, per dare ad altre donne la possibilità di ricevere questa rivelazione su loro stesse.