Per una terrona fuori sede, non è mai veramente estate se:

  1. non vedi il mare
  2. non scendi a casa

L’anno scorso ad agosto ho visitato finalmente Palermo (per proseguire per Mondello, San Vito Lo Capo, Favignana), che pur essendo nella mia terra, non avevo mai visto. Paradossale, lo so. Quest’anno con la mia fidata compagna di viaggio e amica Laura abbiamo scelto la Puglia, che pure non avevo mai visitato.

Di seguito vi racconto il nostro viaggio e con l’occasione vi fornisco il nostro itinerario di 5 giorni (9-13 agosto 2018) su cosa vedere in Puglia, tra arte e mare. 

Io e Laura siamo delle maniache del controllo e ogni nostro viaggio viene attentamente programmato mesi prima, da brave milanesi (d’adozione) imbruttite. So che non a tutti piace viaggiare così, ma io e Laura ci sentiamo confident e serene solo se sappiamo che non dobbiamo improvvisare funambolicamente la nostra vacanza. Questo fa sì che i nostri itinerari siano (quasi) a prova di bomba e ci permettano di vedere tutto ciò che ci interessa di un posto, in tempi ristretti. Ciò poi non esclude che se qualcosa del nostro rigoroso planning imbruttito va storto o ci sono imprevisti (e succede, oh se succede), sappiamo cavarcela comunque (lo vedrete sul finale, quando all’ultimo giorno abbiamo rischiato di non riuscire a restituire la macchina alla Hertz, perdere il bus di ritorno per la Sicilia e rimanere intrappolate a Taranto).

Il nostro viaggio però non è partito dalla Puglia: la nostra prima tappa, di passaggio, è stata Matera, la città dei sassi.

Matera, dove abbiamo avuto la grande idea di arrivare in bus. Da Milano. 10 ore di viaggio.

Giorno 1 – Matera, Alberobello, Locorotondo | pernottamento a Conversano

La discesa al sud di 10 h è stata abbastanza indolore – nei limiti di un viaggio in bus, certo – grazie a Marino Autolinee: il bus per eccellenza dei pugliesi. In una recente festa del Terrone fuori sede all’Alcatraz di Milano davano come gadget la shopper di Marino Autolinee, per capirci.

Il bus Marino è un’astronave: sedili imbottiti ergonomici con assetto da macchina sportiva, supporto reclinabile per le gambe, poggiatesta regolabile (anche se io avevo con me il mio fido collare-cuscino da sciura) e, quel che è più importante, le prese elettriche e pure USB (toglietemi tutto ma non la possibilità di ricaricare la batteria del mio iPhone!), cosa non scontata per chi conosce i viaggi della speranza in bus made in sud.

Insomma, grazie ai sedili super accessoriati ti sembra di stare sul lettino del dentista (o del ginecologo, fai tu).

Tra brusche pause pipì notturne e bavetta alla bocca da sonno scomposto, alle 9:15 finalmente arriviamo a Matera.

Che però sembra una normalissima città del sud.

Poco dopo scopro che “i sassi”, la parte per cui Matera è Patrimonio mondiale dell’UNESCO, sono da un’altra parte. E arrivata lì (in taxi, da dove ci ha lasciato il bus ai sassi era quasi mezz’ora a piedi, manco morta) faccio “ah“.

Belvedere piazzetta pascoli Matera

Belvedere di Piazzetta Pascoli a Matera

Per lo stupore.

A Matera facciamo una visita guidata che ci porta tra i sassi e dentro le case-grotta. Tutto molto suggestivo. Unico problema i 40 gradi e io che sclero come una dannata per caldo e sudore. Ventaglio cammina con me, always mio salvatore since anni e anni.

Lo scenario di Matera è lunare. Per le stradine incontriamo un signore con un cagnolino dolcissimo: “Si chiama Lilly. Lei è nata qui: conosce ognuno di questi sassi“.

Cane Matera

Lily, il cane che conosce tutti i sassi di Matera

Se i sassi di Matera potessero parlare racconterebbero di come l’uomo ha ostinatamente sfidato la natura per insediarsi nel suo abbraccio duro, fatto di pietra, polvere e aridità. La vita nelle case-grotta di Matera non era facile: si viveva nella grotta buia e umida insieme alle bestie e sorgevano spesso epidemie. La Guida turistica ci riporta dei passi da Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, Matera descritta dalla sorella che era partita da Torino per andarlo a trovare:

Di bambini ce n’era un’infinità. In quel caldo, in mezzo alle mosche, nella polvere, spuntavano da tutte le parti, nudi del tutto o coperti di stracci. […] Ho visto dei bambini seduti sull’uscio delle case, nella sporcizia, al sole che scottava, con gli occhi semichiusi e le palpebre rosse e gonfie; e le mosche gli si posavano sugli occhi, e quelli stavano immobili, e non le scacciavano neppure con le mani. Sì, le mosche gli passeggiavano sugli occhi, e quelli pareva non le sentissero. Era il tracoma. […]
Le donne, magre, con dei lattanti denutriti e sporchi attaccati a dei seni vizzi, mi salutavano gentili e sconsolate: a me pareva, in quel sole accecante, di esser capitata in mezzo a una città colpita dalla peste.
Continuavo a scendere verso il fondo del pozzo, verso la chiesa, e una gran folla di bambini mi seguiva, a pochi passi di distanza, e andava a mano a mano crescendo. Gridavano qualcosa, ma io non riuscivo a capire quello che dicessero in quel loro dialetto incomprensibile. Continuavo a scendere, e quelli mi inseguivano e non cessavano di chiamarmi. Pensai che volessero l’elemosina e mi fermai: e allora soltanto distinsi le parole che quelli gridavano ormai in coro: «Signorina, dammi ‘u chini! Signorina, dai il chinino!» Distribuii quel po’ di spiccioli che avevo, perché si comprassero delle caramelle: ma non era questo che volevano, e continuavano, tristi e insistenti, a chiedere il chinino.
Eravamo intanto arrivati al fondo della buca, a Santa Maria de Idris, che è una bella chiesetta barocca, e alzando gli occhi vidi finalmente apparire, come un muro obliquo, tutta Matera. Di lí sembra quasi una città vera. Le facciate di tutte le grotte, che sembrano case, bianche e allineate, pareva mi guardassero, coi buchi delle porte, come neri occhi. È davvero una bellissima, pittoresca e impressionante. C’è anche un bel museo, con dei vasi greci figurati, e delle statuette e delle monete antiche, trovate nei dintorni. Mentre lo visitavo, i bambini erano ancora là fuori al sole, e aspettavano che io portassi il chinino.

Il “chinino”, ci spiega la Guida, era una medicina naturale per la febbre e la malaria.

Ci riprendiamo da queste parentesi storiche molto intense, pranziamo qui con delle buonissime “pinze” gourmet con vista wow sui sassi, poi andiamo a prelevare la macchina a noleggio alla Hertz (c’è la Hertz a Matera? ebbene sì!).

Ci mettiamo in macchina al tramonto (peccato non averlo visto a Matera: gli abitanti ci dicono che di sera diventa un presepe) verso il B&B Paradiso in Campagna a Conversano, una città di mezzo che ci fa comodo per le prossime tappe. Il B&B gestito da Mimmo e Franca è realmente un “paradiso” in Campagna, una grande villa con giardini, che sa di casa. Peccato doverci solo dormire e per una notte.

La colazione al mattino seguente ci offre cibi a km 0 come marmellate fatte in casa da Franca e fichi che Mimmo ha raccolto la mattina stessa dal suo albero. Da far sciogliere perfino me che sono una donna metropolitana che mal sopporta la vita agreste (insetti, caldo, isolamento, non ci vado d’accordo).

Colazione B&B Conversano Puglia

Consigli di viaggio su Matera

  • Scarpe comode: sportive, chiuse, suola antiscivolo possibilmente, io avevo la suola un po’ liscia e ho rischiato più volte di lanciarmi giù per i sassi, mentre facevo volare Madonne e Santi vari ed eventuali.
  • Cappellino se ci vai in estate: il Sole picchia di brutto e ti abbrustolisce.
  • Crema solare, per lo stesso motivo.
  • Acqua, da bere prima che diventi bollente e della quale fare refill nei bar o in alcune case-grotta che vendono cibarie.
  • Visita guidata consigliata se non si conosce molto della storia di questo posto. Noi ci siamo affidate all’agenzia Martulli. Poi, perdersi per le viuzze di Matera: il centro è piccolo, a parte i saliscendi si gira facilmente e si scoprono angoli molto caratteristici.

Per le viette di Matera può capitarti di incontrare non solo cani, ma anche gatti.

Gatto Matera

Prima di raggiungere il B&B però facciamo altre due tappe: Alberobello e Locorotondo. Un tassista a Matera ci aveva detto che Alberobello si esaurisce nella via principale con i trulli e che Locorotondo meritasse di più. In verità, a Locorotondo non abbiamo trovato molto, il suo centro storico è comunque carino e mi ha ricordato tanto quello di Castellammare del Golfo in Sicilia (che è un gioiellino), ma magari siamo state noi a non addentrarci abbastanza a Locorotondo da scoprire i suoi tesori. Qui comunque abbiamo gustato un buon aperitivo con vino locale e tagliere in un posto suggeritomi da una mia follower su Instagram (graziegraziegrazie!). Molto carino il posto, a cominciare dal fatto che si chiama “Barba, Baffi e Pellicce“, dove le pellicce sono proprio quel pelo lì.

Alberobello invece sembra la città di Hansel e Gretel, fatta di casette di marzapane, i caratteristici trulli. Qui godiamo di un tramonto che ci permette di apprezzare la città trasformarsi in un presepe incantato.

Ad Alberobello faccio la conoscenza di Livia, una donna di 86 anni che ha aperto il trullo di sua madre ai visitatori, gratuitamente.

Trullo Alberobello

Dentro, il trullo è stato lasciato come una volta, con una minuscola cucina all’ingresso, che dà subito sulla “camera da letto” col lettone matrimoniale e scendendo delle scalette fa accedere a una stanza finale senza soluzione di continuità, con un altro lettino. A me richiama tanto le case a pian terreno del centro storico della mia città, Licata. Ricordo che il mio bisnonno aveva la sua casupola arredata allo stesso modo. A me quindi la visione non sconvolge a livello di novità ma certamente mi muove emotivamente. Provo a immaginare l’impatto che possa fare agli stranieri (o a chi non è del sud) questa intima immersione nel piccolo mondo antico, non avendo loro probabilmente visto qualcos’altro di simile altrove.

Livia ci racconta di avere 13 figli. Il trullo visitabile era quello di sua madre. Lei abita nel trullo accanto, che in realtà comprende due trulli attaccati, il suo insomma è un trullo grande, anche perchè doveva appunto contenere una famiglia molto numerosa.

“Ho 13 figli e tanti nipoti, maschi e femmine. Ho insegnato ai miei figli a fare le faccende di casa, perché tutti devono dare una mano d’aiuto. Io ho vissuto gli anni difficili della povertà del dopoguerra, quando si ritirava il pane con la tessera. I miei figli hanno insegnato la stessa cosa ai loro figli: tutti devono aiutare in casa. Ho anche dei nipotini maschi, che a volte si lamentano di non voler lavare i piatti e io gli dico no!, pure tu devi lavare i piatti, anche se sei maschio.”

Poi, ci dà un ammonimento:

“Oggi come oggi, meglio da sole che con la persona sbagliata. Pensateci bene prima di sposarvi. Piuttosto, andate a convivere. Così se non va bene, un calcio nel sedere e vaffanculo!”

Nel salutarla, la abbraccio e la bacio, commossa.
Quando mi allontano, mi volto. Lei è lì, come una guardiana immortale. Non avrei mai creduto di udire discorsi così “avanguardisti” da una donna di 86 anni, del sud, che ha vissuto anche gli anni magri del dopoguerra.
Chissà se altri visitatori del trullo si fermeranno come me a darle occasione di raccontare la sua storia.

Trullo Alberobello

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