Massì, saranno 600 metri a piedi per arrivare in spiaggia“, aveva detto il parcheggiatore, sicuro di sè.

Ora immaginatevi 1 km di sentiero sterrato – costeggiato dalla pineta, tutto molto wild e affascinante, per carità – scosceso e sotto al sole a picco, alle 11.30 di giorno.

Porto selvaggio

La scarpinata maledetta

Me con le infradito e uno zaino sulle spalle.

Fortuna che le infradito erano le Havaianas, modello chiuso a sandalo, che almeno non mi volano da sotto i piedi (scarpe comunque inadatte al percorso, ero io a essere sprovveduta).

Io e Laura non avevamo esattamente programmato tutto ciò, per arrivare alla Spiaggia di Porto Selvaggio. Quando dal mio single-locale avevamo limato accuratamente il nostro planning, avevamo misurato la distanza dal parcheggio al mare e ci eravamo dette: “ma col c***o che ce la facciamo a piedi!“.

Avevamo infatti scoperto che c’è un bus navetta che fa quel percorso per una manciata di euro. Peccato che il parcheggiatore che ci ha attirate al suo parcheggio ci ha detto che era fattibile farla anche a piedi per un altro sentiero. Parcheggiamo e arrivate al “sentiero” ci rendiamo conto che invece si trattava proprio della scarpinata che volevamo evitarci. Ma ormai la macchina era nel parcheggio a pagamento e la fermata della navetta era da tutt’altra parte.

Gambe (e zaino) in spalla, cappello di paglia, litri di crema solare addosso che manco una torta farcita di panna, ci facciamo il segno della croce, ci mettiamo l’anima in pace e cominciamo la discesa.

Into the Wild a Porto Selvaggio

La mia amica Laura non suda. Non lo so, forse è come i Santi.

Io grondo. E soffro il caldo da crepare. E mi vengono gli svarioni, perché ho pure la pressione bassa. Inoltre, bevo poco, perché se no devo fare pipì peggio di una vecchia incontinente e questo non aiuta.

Avere 30 anni, tutt’apposto eh.

Ci mettiamo dei buoni 20 minuti a discendere, tra imprecazioni varie. Non appena arriviamo lo scenario è un po’ sconfortante. La vista è davvero “selvaggia” eh, affascinante certo, ma la mini-spiaggetta è assaltata. Ma anche qui: cosa diavolo pretendiamo? Fa parte del gioco, the show must go on.

Il punto è che anche qui ci vogliono le scarpe da scoglio. Laura le ha e va in esplorazione, io resto sotto l’ombra della pineta tipo moglie schizzinosa. Io poi che odio le situazioni da camping ma vabbè, avevo messo in conto anche questo. Quando Laura torna dalla sua esplorazione mi dice che l’acqua è torbida e piena di terriccio scuro, boh forse troppa gente. Probabilmente il bagno a Porto Selvaggio va fatto dal lato degli scogli dove tutto è sicuramente cristallino e favoloso.

Mi sale inevitabilmente l’insofferenza e anche a lei. Ero così sclerata che tra l’altro cercando nella galleria del cellulare vedo che non ho fatto neanche una foto.

Decidiamo che bon, Porto Selvaggio l’abbiamo flaggato e va bene così, ci rimettiamo in cammino.

Sì, il Cammino di Santiago praticamente, perché quel chilometro fatto a scendere, adesso lo dobbiamo fare a salire.

Io non lo so come sono sopravvissuta, ma considerato che lì ho visto scendere pure una donna incinta (pazzaH), allora mi sa che sono io proprio inguaiata.

Consigli su Porto Selvaggio

  • Non farti intortare dai parcheggiatori e chiedi indicazioni per il parcheggio più vicino a dove si prende la navetta, così ti eviti il Cammino di Santiago e gli smadonnamenti.
  • Scarpette da scoglio!
  • La pineta si presta per picnic, lì abbiamo trovato solo un camioncino con cibarie ma non ho idea di cosa vendesse, quindi consigliato pranzo al sacco.

Sant’Isidoro

Ci rifugiamo qui per resuscitare. Infatti Sant’Isidoro è una spiaggetta molto carina e accogliente con parte sia libera che attrezzata.

Riusciamo a trovare un ombrellone con sdraio e ci piazziamo lì fino alle 20. Sempre da Milano avevamo infatti individuato un ristorantino sulla spiaggia, “Oltremare“, molto carino e abbiamo prenotato una cena lì.

Bagno, passeggiate esplorative, docce al lido, finalmente ripulite ci mettiamo a tavola.

Laura prende del pesce; io, che sono una quasi-vegetariana rompipalle, una pizza. Assaggiamo anche della birra locale che si chiama L’Aura (e Laura ride), tutto bene!

Il pernottamento quella sera è presso il B&B “Oltre il Mare” vicino a Torre Lapillo. Ci arriviamo tardi ma i proprietari sono super accoglienti. Ci sentiamo a casa. Nel bagno c’è pure la carta igienica adornata con una sorta di origami. Io shock.

B&B Oltre il mare Torre Lapillo

A Sant’Isidoro avevamo parcheggiato in prossimità del lido davanti a una casa privata. In effetti non eravamo convinte si potesse fare, ma non c’era alcuna segnaletica. Quando andiamo a riprendere la macchina i proprietari della villetta stanno uscendo. Un signore tra loro ci ferma: “Vi è piaciuta la spiaggia?“. Io e Laura ci guardiamo: da imbruttite ci aspettiamo un cazziatone per avergli parcheggiato sotto casa. E invece scopriamo che lui voleva fare davvero solamente conversazione, in maniera amabile.

Cioè, anche in Sicilia siamo accoglienti, ma non così tanto, non così “candidamente” e senza imbarazzo, diciamo. Alla fine, vivendo da alcuni anni al nord e sperimentando altre mentalità, mi sono fatta l’idea che noi siciliani siamo contraddittori: è vero che siamo molto disponibili e calorosi, ma spesso anche diffidenti, di solito infatti i nostri “favori” li rivolgiamo a qualcuno che sia già referenziato da qualcun altro (è “amico di“) e che quindi “garantisce” per lui (ospitiamo senza problemi amici e parenti ad esempio, ma non credo apriremmo le nostre case con formula AirBnb o Couchsurfing, almeno in provincia: “ospiti a casa un estraneo? sei pazzo?“).

Nella mia cittadina (Licata) mi sono sentita molto più sola e ho trovato un atteggiamento molto meno inclusivo che a Milano, paradossalmente, dove se esci con una comitiva di gente dove conosci solo una persona, sono proprio gli altri ad attaccare bottone, tirandoti in mezzo alle conversazioni e facendoti integrare subito nel gruppo come se vi conosceste già.

Io e Laura in quel momento ci rendiamo conto che ci siamo un po’ disabituate all’accoglienza, che la grande città comunque ti fa dimenticare. A Milano un turista non può neanche parlare al conducente di un mezzo pubblico per chiedere informazioni, che viene fulminato, per dire.

(tutte queste considerazioni si basano solo sulla mia esperienza personale e non sono la verità assoluta, ovvio)

Proseguendo per la Puglia ci capiterà che la gente ci saluti ancora mentre siamo in giro, così senza conoscerci, lasciandoci basite.

Tipo ah, qui la gente ti saluta per strada.

Benvenuti in Puglia.